Vanno e vengono i pensieri, i ricordi si confondono con il presente, le
finestre sono chiuse e per chi soffre di claustrofobia è un bel problema, un’aria
gelida inodore pervade le stanze, per cercare di superare il disagio cerchi nella mente
le immagini e le sensazioni delle estati passate soprattutto quelle lontane
quando di raffrescamento forzato non si parlava.
Al mattino ci si alzava presto
presto, si aprivano le finestre per un salutare cambio d’aria e non appena
cominciava a scaldare si chiudeva tutto.
Le stanze erano pervase dal profumo
del giardino, del fieno lontano, del torrente dietro casa. Nella penombra si
conservavano bene odori e frescura.
Sul davanzale della cucina spesso la mamma
metteva a raffreddare il pentolone della pasta a fagioli, con maldestra abilità
il mestolo, incautamente lasciato nel tegame, veniva utilizzato per gustosi
assaggi, tra le proteste ed i rimbrotti della cuoca. Nel pomeriggio ci si
riparava in giardino sotto gli alberi,
con bambole e pentolini, per giocare in silenzio, sedute sull’erba. Il caldo
era spesso insopportabile ma non lo sentivamo perché quel gioco che ogni giorno
si rinnovava, era talmente bello da farci astrarre da tutto il resto. La vita
all’aria aperta era un imperativo categorico, si rientrava solo per i pasti e
per i compiti delle vacanze (ahimè esistevano anche allora!). La televisione
semplicemente non esisteva!
Quando andavamo in campagna a casa della Maria
Serena, una delle nostre domestiche, ci portava a raccogliere i fiori di zucca
che dalla pianta finivano direttamente in padella, precisamente nel piatto! Non
si sentiva nemmeno l’odore di fritto!
Suo marito, uomo semplice e di gran
cuore, ci prendeva dalla credenza della cucina, un mobile dipinto di verde, grezzo
ed enorme, una piccola soppressa ed il pan biscotto per delle scorpacciate
indimenticabili!
Alle volte andavamo al mulino, lì il profumo del grano era
più intenso, il divertimento più grande era salire sulla torretta del silos per
guardare il panorama, era ovviamente una delle cose proibite, ma irresistibile!
Tra sacchi di farina ci arrampicavamo fino in cima su per scalette strette ed
impervie. In alto sembrava di dominare il mondo!
E c’era tanta aria…
Nel grande giardino di casa dalla parte del garage c’erano il berceau delle
acacie, in fondo le magnolie, in ordine sparso le serenelle profumate, gli
abeti severi, un ciliegio (che non ha mai fatto ciliegie), un pero timidissimo,
un caco che in autunno ci regalava una quantità imbarazzante di frutti; dietro
c’erano i fili per il bucato ed era divertente (ovviamente vietato) passare tra
le lenzuola stese annusandone il profumo; dall’altro lato c’erano la vigna ed
una lunga fila di fichi, nelle prime settimane di settembre tutta questa frutta
era matura e facevamo a gara per raccogliere quelle delizie.
Le mie preferite
erano l’uva fragola che era in fondo al filare ed i fichi fioroni quelli neri e
più grandi.
Tutte queste cose non ci sono più, restano il caldo (ma a me da poca
noia) ed i ricordi. E’ già qualcosa!
soprattutto i ricordi ^___^ e perchè no anche qualche fiore di zucca pastellato
RispondiEliminaricordi che scaldano...
RispondiEliminabellissimi
io sono sempre stata in città ma ricordo le estati senza aria condizionata e la ricerca del fresco e dell'ombra...
adesso per me sarebbe impensabile stare senza
Quanti ricordi risvegliano questi tuoi ricordi. A parte l'esperienza del mulino, simili ai miei! :-)
RispondiEliminaCiao, Fior