giovedì 23 agosto 2012

vanno e vengono


Vanno e vengono i pensieri, i ricordi si confondono con il presente, le finestre sono chiuse e per chi soffre di claustrofobia è un bel problema, un’aria gelida inodore pervade le stanze, per cercare di superare il disagio cerchi nella mente le immagini e le sensazioni delle estati passate soprattutto quelle lontane quando di raffrescamento forzato non si parlava. 
Al mattino ci si alzava presto presto, si aprivano le finestre per un salutare cambio d’aria e non appena cominciava a scaldare si chiudeva tutto. 
Le stanze erano pervase dal profumo del giardino, del fieno lontano, del torrente dietro casa. Nella penombra si conservavano bene odori e frescura. 
Sul davanzale della cucina spesso la mamma metteva a raffreddare il pentolone della pasta a fagioli, con maldestra abilità il mestolo, incautamente lasciato nel tegame, veniva utilizzato per gustosi assaggi, tra le proteste ed i rimbrotti della cuoca. Nel pomeriggio ci si riparava in giardino sotto  gli alberi, con bambole e pentolini, per giocare in silenzio, sedute sull’erba. Il caldo era spesso insopportabile ma non lo sentivamo perché quel gioco che ogni giorno si rinnovava, era talmente bello da farci astrarre da tutto il resto. La vita all’aria aperta era un imperativo categorico, si rientrava solo per i pasti e per i compiti delle vacanze (ahimè esistevano anche allora!). La televisione semplicemente non esisteva! 
Quando andavamo in campagna a casa della Maria Serena, una delle nostre domestiche, ci portava a raccogliere i fiori di zucca che dalla pianta finivano direttamente in padella, precisamente nel piatto! Non si sentiva nemmeno l’odore di fritto! 
Suo marito, uomo semplice e di gran cuore, ci prendeva dalla credenza della cucina, un mobile dipinto di verde, grezzo ed enorme, una piccola soppressa ed il pan biscotto per delle scorpacciate indimenticabili! 
Alle volte andavamo al mulino, lì il profumo del grano era più intenso, il divertimento più grande era salire sulla torretta del silos per guardare il panorama, era ovviamente una delle cose proibite, ma irresistibile! Tra sacchi di farina ci arrampicavamo fino in cima su per scalette strette ed impervie. In alto sembrava di dominare il mondo! 
E c’era tanta aria…
Nel grande giardino di casa dalla parte del garage c’erano il berceau delle acacie, in fondo le magnolie, in ordine sparso le serenelle profumate, gli abeti severi, un ciliegio (che non ha mai fatto ciliegie), un pero timidissimo, un caco che in autunno ci regalava una quantità imbarazzante di frutti; dietro c’erano i fili per il bucato ed era divertente (ovviamente vietato) passare tra le lenzuola stese annusandone il profumo; dall’altro lato c’erano la vigna ed una lunga fila di fichi, nelle prime settimane di settembre tutta questa frutta era matura e facevamo a gara per raccogliere quelle delizie.
 Le mie preferite erano l’uva fragola che era in fondo al filare ed i fichi fioroni quelli neri e più grandi.

Tutte queste cose non ci sono più, restano il caldo (ma a me da poca noia) ed i ricordi. E’ già qualcosa!

3 commenti:

  1. soprattutto i ricordi ^___^ e perchè no anche qualche fiore di zucca pastellato

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  2. ricordi che scaldano...
    bellissimi
    io sono sempre stata in città ma ricordo le estati senza aria condizionata e la ricerca del fresco e dell'ombra...

    adesso per me sarebbe impensabile stare senza

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  3. Quanti ricordi risvegliano questi tuoi ricordi. A parte l'esperienza del mulino, simili ai miei! :-)

    Ciao, Fior

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