sabato 31 dicembre 2011

fine anno

 Vorrei narrare dell’evento odierno che doveva essere l’epilogo di un’annosissima questione legale che si trascina dal lontano 2000.
L’appuntamento è fissato per le 10 presso lo studio del notaio. Con un vago senso di nausea e di indefinita incertezza, dopo un risveglio assai mattutino, ci siamo diretti all’incontro armati di pazienza e di una saggia disillusione. Al nostro arrivo tutto pare normale …. Ma nella sala dove ci fanno accomodare sono presenti altre persone che oltre a non presentarsi, né salutare mi lasciano interdetta. Sono un Lui azzimato ed un po’ untuoso che alla fine si qualifica come mediatore, ed una Lei che resta silenziosa ed altera stravaccata sulla sedia (non ne conosceremo mai il nome!). La controparte è una coppia di cui ci è nota solo la metà femminile, una signora qualsiasi che però per l’occasione ha tirato fuori dall’armadio la toilette della festa ed è pure passata dal parrucchiere! Lui è un omone in maniche di camicia il cui linguaggio è infarcito di termini dialettali che risultano quasi sempre incomprensibili.  
Sono comunque solo note di colore!
Lo studio del notaio trasuda ricchezza ed ostentazione, attraversiamo un lungo corridoio da un lato e dall’altro si vedono stanze arredate con splendidi mobili antichi evidentemente autentici. Le segretarie che corrono su e giù per le ovattate stanze sono in perfetta forma ed il loro look fa invidia alle indossatrici. Mi sento un po’ fuori posto con il mio piumino dello scorso anno, i jeans e le scarpe senza tacco. Non importa, continuo ad ascoltare ma in realtà sento solo voci, si capisce subito che non ci sarà alcun rogito e la cosa si prolungherà ancora. 
Sinceramente non me ne interessa più di tanto. 
Osservo e penso. Osservo gli sguardi d’intesa, d’insofferenza, di stupidità, di rabbia. Annoto mentalmente le posture e gli atteggiamenti. 
I legali sono quasi complici, si capiscono solo tra loro. Siedono composti e distanti, non guardano in faccia nessuno, dopo aver aperto le loro voluminose borse ne estraggono plichi enormi che contengono dieci anni di storia, leggono freneticamente, controllano, spuntano, annotano. 
Chissà se pensano che quello che leggono è parte della nostra vita…mi domando ad un certo punto, ma è una domanda che si allontana veloce perché improvvisamente arriva il notaio. Da persona educata non saluta nessuno, chiede qualcosa con aria estranea e poi se ne va, con la testa evidentemente altrove. Mi accorgo che è ipovedente forse questo gli permette di essere scortese? 
Guardo i miei figli ed il pensiero si allontana di nuovo, mi faccio qualche domanda ma è troppo filosofica per quella stanza così affollata. 
Poi fissiamo un nuovo ennesimo appuntamento per gennaio, ci alziamo e ci salutiamo velocemente, con una fretta che è mista ad insofferenza e disgusto.
Lascio perdere e decido che questa è l’ennesima prova che quest’anno è decisamente da archiviare.
Proprio per questo quest’anno non ho nessuna voglia di fare bilanci, invece ho voglia di trovare la forza di guardare avanti, di sentire la vita scorrere di nuovo, di ricominciare ad osservare la natura, di ritrovare l’entusiasmo per i viaggi, le letture,
 voglio tornare a volermi bene. 
Ecco questi sono i miei propositi per il 2012 e tutti gli anni che seguiranno.
I progetti sono tanti e molti difficili da realizzare, ma solo difficili non impossibili.
E che questo benedetto 2011 vada in cantina, i suoi ricordi con le loro malinconie riescano ad essere un punto di forza e  una base di partenza per nuovi orizzonti.



mercoledì 28 dicembre 2011

dopo santo stefano

Sono trascorsi i giorni della festa che avevo più temuto. E non mi sbagliavo. Ma sono passati.
Oggi son venuti Paolo e Mariella ed abbiamo trascorso una giornata serena, passeggiato, chiacchierato, riso, scherzato, persino fatto progetti. Con loro si sta sempre bene!

Ma vivo in un limbo, forse più un purgatorio. 
Continuo a riandare ai Natali passati quando la tavola era questa


L’altro giorno era così, 


bella certo ma vuota e non riesco a pensare ad altro. 

venerdì 23 dicembre 2011

Natale

Tema Natale - brano di Giuseppe Ungaretti
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Napoli, il 26 dicembre 1916
(Racconto di Natale di Giuseppe Ungaretti)

Lascio qui un augurio a tutti 
volevo trovare un pensiero per ciascuno 
o un pensiero per tutti 
ma la giornata non me lo ha permesso

Vi auguro e mi auguro giorni tranquilli 
senza malinconia 
senza ansia
senza rimpianti



lunedì 19 dicembre 2011

domenica sera

Ora sono in sala, seduti vicini, a sistemare il pc, il Consorte dorme, estremamente soddisfatto.  Sono arrivati tutti e due stamattina, uno da Dublino, l’altra da Londra. Uno aveva l’aria soddisfatta, l’altra un po’ sfatta ma serena.  La giornata è trascorsa tranquilla, le valigie sono in giro per casa e sono quiete in attesa di essere svuotate. La cena pre-natalizia con anche il figliogrande e la nuora è stata un successo, l’appetito non è mancato a nessuno nemmeno a chi fa del suo aspetto fisico il centro della sua vita. C’è stato anche il primo scambio di doni, l’alberello così graziosamente addobbato (incredibilmente) dal consorte era circondato da pacchetti luccicanti, per ognuno un pensiero, più o meno gradito. Tutto sommato tra una risata, un racconto, una buona dose di frutta secca e buon bicchiere di vino abbiamo trascorso una serata che mi ha soddisfatto.

Non ho fretta stasera, domani ci sarà tempo per sistemare la cucina e tutto il resto . E con questo sentimento di serena attesa mi appresto a vivere i prossimi giorni. Saranno giorni attivi e indaffarati, vissuti tra fornelli, ferro da stiro, lavatrice, le ultime spese natalizie. Una cosa dopo l’altra, tutto si sistemerà. 


mercoledì 14 dicembre 2011

14 dicembre

Altro giro altra corsa!

Non si può dire che siamo giorni in cui ci si annoia.

Passata dall’assicuratore e pagato polizze…. normale amministrazione (che nervoso quello mi è antipatico assai).

Passata a ritirare raccomandata con multa per canone rai non pagato….normale amministrazione (finchè non ho visto di cosa si trattava ero nel panico)

Intenso scambio telefonico tra agente immobiliare, notaio e sottoscritta per definire ultimi dettagli dell’atto di vendita … normale amministrazione (se me ne intendessi di pratiche burocratiche forse la tachicardia non mi sarebbe venuta)

Scambio telefonico per altra pratica notarile tra avvocato, venditore e la sottoscritta … normale amministrazione (se non fosse che aspettiamo da 11 anni la chiusura di questa vicenda forse la pressione non sarebbe salita)
Scambio di sms con figliapiccola … normale amministrazione (se 
non fosse così lontana sarebbe meglio)

Ritiro referto mammografia ….. tutto a posto.

Evvai!

Questo è un momento da festeggiare; 
mi passano così il malumore, l’ansia, la preoccupazione, le palpitazioni e tutto torna rosa, splendente, luminoso nonostante la pioggia, il cielo grigio, l’umidità. 
La normale amministrazione torna normale, e come un mantra ripeto…

tutto normale, tutto normale, tutto normale.

martedì 13 dicembre 2011

13 dicembre - mattina

E’ la terza volta che tentiamo l’appuntamento con il progettista ed è solo dal 24 ottobre che gli abbiamo chiesto un preventivo, sono fiduciosa e la sveglia suona presto appositamente. 
Il sole inonda le camere, sembra una giornata da incorniciare e per certi versi lo sarà.

Fa un bel fresco, si trova parcheggio facilmente, la cartellina sottobraccio è piena dei nostri progetti.

-Chissà se è già arrivato in studio!- dico incautamente, suoniamo e contemporaneamente il consorte guarda il cellulare, non ci apre nessuno e lui legge un messaggino di cui non si era accorto prima - Ho un impegno in Romagna, ci vediamo un’altra volta-

L’ennesimo appuntamento andato in fumo , per quanto mi riguarda è l’ultimo!

Con decisione ci dirigiamo amareggiati e delusi verso la palestra dove sicuramente riusciremo a sfogare il cattivo umore, pedalando, correndo, spingendo, sudando con la musica a palla nelle orecchie.

Alla fine di un’ora e mezza di sfacchinamento il risultato è assicurato, siamo stanchi ma il nervoso è passato.

Ho lasciato il cellulare nell’armadietto dello spogliatoio, ovviamente, e nel rivestirmi gli dò un’occhiata per scrupolo, la figliapiccola mi manda da Londra il seguente sms: Ore 8 mi sveglio perché sento urla e gente che si picchia. Ore 830 lei entra nella mia camera e mi urla di andarmene. Ore 9 lei si scaglia contro di lui con un coltello. Ore 930 lui mi da 160£ e io scappo in albergo. Sana e salva!

Mi si arriccia la spina dorsale, la salivazione è azzerata, le pulsazioni aumentano, mi infilo sotto la doccia e mi rivesto alla svelta. La chiamo e tra le lacrime mi spiega più o meno quello che è successo nella casa dove aveva affittato una camera. Ora è in albergo dove spende un botto ma almeno per questi ultimi giorni di permanenza in Inghilterra starà al sicuro. (spero)

Arriviamo a casa e cerco di recuperare le idee, per fortuna esiste Skype e la vedo, le parlo. Mi pare un po’ meglio ma non ne sono sicura. Da qui d’altra parte non posso fare molto di più.

Nel frattempo il consorte ha preso appuntamento con un altro progettista per giovedì …. Chissà!

Una buona mattinata! Cosa mi riserverà il pomeriggio? Per il momento mi sono infilata in bocca una pastiglina e sto cercando di decidermi ad uscire per fare un po’ di shopping natalizio, magari mi passa l’agitazione. 

lunedì 12 dicembre 2011

pensieri sparsi


C’è chi la domenica la trascorre in famiglia, chi facendo sport, chi andando al cinema, chi incontrando amici, chi va alla partita, chi lava la macchina … 
io solitamente durante il giorno stiro e la sera vado a cena dalla mamma.

Stirare non mi piace proprio per niente ma è qualcosa che va fatto e così mi armo di ferro e appretto e provvedo.

Da un po’ di tempo ho di nuovo in funzione un lettore cd che mi consente di ascoltare della musica, oggi ho scelto come colonna sonora di questa mia detestabile attività alcune Suite dai balletti di Ciaikovskji , delle vecchie canzoni anni 70 e l’ intramontabile Vecchioni. 
Stiro e ballonzolo, stiro e canto.
Purtroppo stiro e penso.
Ho pensato al Natale, non ho voglia di feste ma ho voglia di calore umano, di risate e di allegria. Vorrei che fossero giorni di abbracci sinceri anche se non saranno più come l’anno scorso.

Ho pensato che ho voglia di lievità, di non sentire parlare per un po’ di crisi e di pensioni, di spread e di default, di conti da pagare e di prezzi che salgono anche perchè ho avuto la sensazione che in tutto questo parlare e straparlare ci sia da parte dei media come una sorta di compiacimento.

Ho pensato al dolore ed alla sofferenza che mi circondano, alla rabbia ed all'insofferenza che mi distinguono, all'inutilità di continuare a combattere contro i mulini a vento, al senso che sto dando alla vita

Ho pensato che non riesco a guardare avanti e che guardo troppo indietro.

Per fortuna ho stirato tutto, ho smesso di pensare e sono riuscita a guardarmi alcuni servizi di “Alle falde del Kilimangiaro”, ho trovato affascinante ed interessante il reportage di un viaggio in Etiopia, (dal min 20 al 30) seguendo il mito dell'arca delle tavole di Mosè, alle origini della terra, laddove il mondo è ancora in creazione e dove ogni pietra o filo d’erba ha una sua storia da raccontare. 
Sono riuscita anche a sognare 

martedì 6 dicembre 2011

seguito

I tre anni di scuola media li ricordo per i doppi turni, si andava a scuola nel pomeriggio e veniva e tutte un gran sonno. 
La nostra classe, tutta al femminile, era nel seminterrato e le finestre affacciavano sul giardino dove i maschi facevano alle volte ginnastica 
e noi fanciulline ci perdevamo gli occhi. 
La prof di francese si chiamava Pucci ed era tonda e vistosa, direi charmant, quella di lettere era simpatica ma brutta brutta, 
soprattutto la sua bocca aveva mille denti e delle gengive esagerate.
 La prof di matematica era amica della mamma e non la sopportavo proprio. 
Poi c’era la prof di disegno che amavo alla follia, era giovane, elegante ed affascinante, veniva dalla città ed era sempre vestita all’ultima moda.
 Ci stimolava ad essere creativi e ci insegnava tecniche di disegno 
sempre nuove e divertenti. 
A quell’età in verità si è parecchio strani, 
non più bambini e non ancora adulti, cresciuti solo in parte.  
Per fortuna niente recite né esibizioni. 
Ma nemmeno gite né visite culturali…. 
Direi parecchio nulla ma tanto in generale eravamo tutte ragazzette campagnole, 
quelle come me avrebbero continuato gli studi e la famiglia le avrebbe aiutate a formarsi una cultura, per le altre bastava arrivare in fondo al ciclo di studi 
ed avere un pezzo di carta per poi cominciare a lavorare.

Le superiori le ho fatte in un altro paese, un po’ più grande, non nella città dove c’erano troppi pericoli e distrazioni. 
La mia classe era decisamente disomogenea, venivamo tutti o quasi 
da altri paesi dei dintorni, ci siamo frequentati poco e dimenticati subito. 
Non ho un bel ricordo di quegli anni, 
intanto tanto sonno perché la mattina per andare a scuola mi dovevo alzare prestissimo, prendere prima la bici poi il treno 
e poi fare un bel pezzo di strada a piedi. 
Mi sentivo sola ed estranea, la prof di mate di prima e seconda si chiamava De Grandis ed era alta scarso un metro e mezzo,
 era sempre in piedi sulla pedana della cattedra, 
aveva una voce stridula e fastidiosa, degli altri docenti ho perso la memoria. 
Per quelli del triennio potrei scrivere un poema, indimenticabili…. 
C’erano due sorelle, di una bruttezza assurda, una insegnava italiano e latino l’altra chimica. Erano nubili, per non dir zittelle e c’era il suo bel perché. 
Erano le Rapisarde, sempre in cattedra in tutti i sensi. 
Poi c’era il prof di storia e filosofia, un omuncolo, 
nel corso dell’ultimo anno il preside si è reso conto dell’assoluta pochezza ed impreparazione di costui e ci ha dato personalmente lezioni di filosofia, 
solo che lui era troppo preparato ed esigente per noi povere capre.
 La prof di mate e fisica ci invitava in continuazione ad andare a piantare patate, che tanto di più non potevamo fare. 
Il prof di disegno veniva da Bologna, dove faceva con migliore fortuna l’architetto, una volta alla settimana e decisamente eravamo solo una fatica per lui. 
La prof di francese (e già perché ai miei tempi le sezioni “buone “ erano di francese) era leziosa e noiosa. 
La prof di chimica voleva che imparassimo la lezione a memoria, 
forse per far meno fatica… non so. 
Per non parlare poi dei supplenti che si sono succeduti… 
forse non eravamo una gran classe, tutti molto mediocri e soprattutto per nulla coesi, ma credo che potevamo meritarci anche qualcosa in più.

Ho studiato con molto più costrutto e piacere negli anni successivi, 
nonostante avessi già famiglia, mi ritagliavo pomeriggi e notti per prepararmi agli esami ed i docenti erano dei professionisti preparati ed affermati. 
Ma questa è un’altra storia. 

P.S le foto sono prese dal web ma sono davvero la mia scuola media ed il mio liceo 

lunedì 5 dicembre 2011

Scuola


Mi capita spesso di incontrare qui ed altrove delle insegnanti, anche la mia mamma lo era, faceva la maestra elementare. 
Leggo ed ascolto i loro racconti che sono belli, colorati, 
interessanti, arguti, insofferenti e molto altro. 
Si ricordano dei loro alunni, ne conoscono stati d’animo e pensieri, pregi e difetti. Bene, io non ho mai avuto insegnanti così, e nemmeno i miei figli. 
Soprattutto alle superiori. 
Nessuno mi ha mai fatto pensare che potesse pensare a me oltre le ore scolastiche e nemmeno che avesse a cuore i miei problemi, 
le mie difficoltà così come le mie gioie o successi.
 Vorrei cercare di ricordare, condividere e magari cercare di capire

Ho frequentato la scuola tanti anni fa, negli anni 60/70 per intenderci.
Sono andata all’asilo e non ho che vaghi ricordi, più che altro mediati da quello 
che mi hanno raccontato e dalle foto. 
Poi ci sono state le elementari, in prima ero privatista, 
sono nata in gennaio e la mamma mi ha portata a scuola 
credo nella convinzione che ce la potessi fare.  
Ho frequentato per i primi due anni una scuola di campagna, con i banchi di legno, si usavano ancora la cannuccia ed il pennino; 
la maestra aveva gli occhi buoni ed i capelli scuri, 
i compagni erano bimbetti come me. 
Ricordo vivamente una lezione di fine maggio quando siamo andati 
in un pioppeto a far scuola, c’era un buon profumo d’erba e di grano, 
gli alberi erano altissimi, abbiamo giocato tanto e fatto merenda.

In terza ho cambiato scuola per seguire la mamma maestra, 
non è che mi piacesse molto andare in quel posto nuovo 
ed il mio status diventava davvero ingombrante. 
Per la recita di Natale, pensando di fare cosa gradita alla maestra Bi. 
mi hanno fatto recitare una poesia davanti al Direttore… 
ed io non mi ricordavo nulla ed ho fatto scena muta! 
Per la conclusione dell’anno scolastico sempre in virtù della mia illustre parentela mi hanno conciata così e messa sul palco a recitare non ricordo più quale poesia o filastrocca….che umiliazione, nessuno mi ha mai chiesto se lo volevo fare!

La quarta e quinta elementare così come il triennio delle medie le ho fatte nel mio paese, sempre come figlia della maestra e del primario. 
Già non ero mai io, ero sempre figlia di…. qualcuno.
 L’insegnate la ricordo piuttosto vecchia forse per via dei capelli grigi, con il grembiule scuro e l’aria severa. Teneva nel cassetto della scrivania un quaderno nel quale noi bambine potevamo raccontarle i nostri segreti… 
peccato che troppo spesso lei li rendeva pubblici. 
Aveva un figlio che ha venduto a molti di noi un’enciclopedia I Quindici, 
pessimo prodotto che quasi tutti i genitori si son sentiti in dovere di acquistare. 
Anche in quinta c’è stata la recita, per fortuna non mi hanno assegnato nessun ruolo di prestigio, cantavo nel coro e dovevo gridare ad un certo punto da dietro una quinta:
Il morbo infuria il pan ci manca sul ponte sventola bandiera bianca!

Eravamo tutte femmine in classe, portavamo il grembiule nero, il colletto bianco con i bottoncini per cambiarlo spesso ed essere sempre in ordine, ed il fiocco.

Che invidia per le compagne che avevano il colletto di pizzo inamidato! 

...continua 

giovedì 1 dicembre 2011

al tramonto

Il tramonto è bello da fare dispetto, come sempre l’autostrada a quest’ora è trafficatissima. 
Faccio fatica a guardarlo, devo prestare troppa attenzione alla strada. Ma per la consuetudine alla strada ed alla guida mi ritrovo ad osservarlo.
Il cielo è azzurro, quasi bianco, delle nuvole stanno appoggiate lassù come delle pennellate di rosa, davanti a me si staglia la collina perforata nel cuore dalle gallerie ed ornata dai profili delle ville e dagli alberi. 
Ogni cosa è al suo posto, pacificamente, è tutto talmente perfetto che sembra si prenda gioco di me e della mia rabbia.
E’ la rabbia dell’impotenza, della delusione, quella che credi possa farti spaccare le montagne. La realtà è diversa. Il tramonto è bello da fare dispetto. Vale la pena di sentire tutta questa rabbia? Per cose che in realtà ti riguardano solo di riflesso?
Ma quando uomo vuole dimostrare tutta la sua meschinità usando sua figlia come mezzo per raggiungere i suoi scopi e manipolare la realtà, non riesco a dire: prego si accomodi pure. Nonostante il romanticismo di questo tramonto, nonostante il traffico, nonostante tutto ho dentro una grande rabbia e vorrei potergliela gridare in faccia, così forte da farlo tremare.  
Non posso fare niente, non devo fare niente, posso solo cercare di tenere a freno la lingua, smussare gli angoli, abbassare i toni, dire che va tutto bene, discutere del pranzo di Natale, preparare la lista dei regali.

E resta il fatto che il tramonto è bello da far dispetto!